mercoledì 29 dicembre 2010

Elenco dei grazie 2010

Mancano poche ore al nuovo anno. L’emozione è sempre la stessa ogni anno, ogni settembre e ogni volta che si cominicia una nuova tappa della propria vita. La leggi negli occhi di tutti, anche di chi è stato baciato da tribolazione varie. Quell’emozione si chiama speranza, e, come dice un vecchio proverbio, è sempre l’ultima a morire. Per fortuna.

Prima di spalancare le porte al 2011, voglio congedarmi dal Meglio che ho avuto nel 2010. Intendo per Meglio la quantità di persone con cui ho avuto la fortuna di entrare in contatto, con cui ho condiviso un pezzettino del mio tempo, con cui ho riso, pianto e sperato, con cui ho edulcorato ogni singolo giorno di questo 2010. L’Altro è la moneta più preziosa che possiedo, per questo non mi sento povera. Anzi, se faccio un bilancio di questi 12 mesi mi accorgo di essere diventata ricchissima.

Il primo ringraziamento che voglio fare è ai “nuovi” amici, a chi ho avuto la fortuna di conoscere in questo anno. Mai come in questo 2010 posso dire che sono venuti a me dai quattro angoli della Terra, alcuni anche solo per poche ore, altri sono ormai radicati nel mio cuore: ciascuno, però, è stato fondamentale, ha contribuito ad allargarmi il sorriso e ad infuocare il luccichio dei miei occhi.

Elenco delle persone conosciute nel corso del 2010 (rigorosamente in ordine di apparizione):

1) Reza

2) Hadi

3) Babak e Abdul

4) Cecilia

5) Marina, Laura e tutti gli insegnanti del Centro Astalli

6) La mia prima classe di afgani (Masiullah, Omid, Sharam, Said, Javid, Mohamad, Reza, Hussein, Javad, Sardar)

7) Barbara

8) Rocco

9) Pilù

10) Myriam

11) Gli studenti della scuola estiva

12) Anna, Annalisa e tutti i ragazzi della Summer Academy

13) Onofrio

14) Sergio, Rosella, Ana Maria e Bruno

15) Antonio

16) Mae Ida, Sara, Marta e Raquel

17) Damien, Silvia, Ines, Rita, Rui, Marco, Marta, Patricia, Xanna e tutti i portoghesi che mi hanno scaldato il cuore

18) Sondra, Fatima e tutta la classe di lingua portoghese a Lisbona

19) Zeno e Maria Sole

20) Laura e Maria Lia

21) la mia nuova classe afgano-etiope

22) Francisco e tutte le ragazze del corso di portoghese (Ferena, Michela, Anna, Marta, Ilaria e Valentina)

Elenco delle persone a cui non finirò mai di dire grazie per esserci state in questo 2010, senza il vostro sostegno, il vostro affetto, il vostro sorriso sarebbe stato tutto troppo difficile:

1) Antonella e Francesco

2) Silvia

3) Maria Antonia

4) Valeria, Giovanni e Giuseppe

5) Antonella e Corrada

6) Il prof

7) Ester

8) Simone e Ana

9) Emy

10) Rocco, Halym e Pilù

11) Antonio

12) Indira

13) Marikim

14) Giuseppina

15) Marie-Agnes e le pope di Roma est

16) Marta C.

17) Daphne

18) Evelina

19) Ana e Enrica

20) Reza

21) Simone

22) Onofrio

23) Stefania

martedì 21 dicembre 2010

Le letterine della stazione Termini

Alla stazione Termini di Roma c'è un grande albero su cui si possono appendere le richieste per Babbo Natale. Alcune sono veramente divertenti!


Questo è il nostro bigliettino. Non potevamo sottrarci alla tentazione di scrivere a Babbo Natale. In fondo non chiediamo niente di speciale: solo il lavoro (2 per il Portogallo e 2 per l'Italia. Io posso accettare anche un lavoro in terra portoghese, non c'è problema!)





























lunedì 20 dicembre 2010

Lettera a Babbo Natale

Caro Babbo Natale,
per questo Natale ho una richiesta particolare da farti: non ti supplico di portarmi quelle 3 o 4 cose vitali per il mio equilibrio psico-fisico, ma ti chiedo, invece, di occuparti dei desideri dei miei amici. Vorrei che tu ne esaudissi uno al giorno. 365 amici per 365 regali. Mi sono accorta di avere tanti amici, ciascuno con un'esigenza particolare a cui da sola non riesco a sopperire. Necessito di un aiuto potente.
Sai, i miei amici non desiderano case costose, abiti di lusso, diamanti o crociere in terre esotiche. Tutto ciò che ha un prezzo di listino, a loro non interessa. Appartengono a quella categoria sociale i cui desideri hanno un valore temporale e emozionale: devono durare per molto tempo, se non per tutta la vita, e devono instillare gocce di serenità.
Pronto all'elenco delle richieste? Dunque, tra di loro c'è:
chi vorrebbe un lavoro e chi vorrebbe cambiare lavoro;
chi non vorrebbe più essere precario e chi vorrebbe almeno un contratto a progetto
chi vorrebbe sposarsi e chi vorrebbe dei figli
chi vorrebbe andare all'estero e chi vorrebbe restare in patria
chi vorrebbe un amore duraturo e chi non vorrebbe più piangere per amore
chi vorrebbe essere integrato e chi semplicemente accettato
chi vorrebbe una scuola più moderna e chi una università più equa
chi vorrebbe laurearsi e chi diplomarsi
chi vorrebbe una casa e chi vorrebbe andare via di casa
chi vorrebbe invecchiare senza pensieri e chi crescere sano
chi vorrebbe un futuro e chi vorrebbe solo tornare a sognare.
Allora, babbino, non mi deludere. Siamo un gruppo di persone alle quali nessuno presta più attenzione. Le nostre esigenze non sono considerate importanti, urgenti, per questo vengono procrastinate a tempo indefinito. Ci è chiesto di metterci silenziosamente in fila e aspettare il nostro turno, mentre gli anni scorrono e il coraggio comincia a latitare. Capisci ora perchè mi sono rivolta a te?
Non dimenticare: un desiderio al giorno. Ci conto!
Buon Natale,
Aska



sabato 18 dicembre 2010

L'albero di Natale di Francisco

Queria, Senhor neste Natal armar uma arvore e nela pendurar, nao bolas, mas os nomes dos meus amigos: os amigos de longe, os amigos de perto, os amigos de sempre e os amigos mais recentes, os que vejo a cada dia e os que raramente encontro, aqueles que recordo sempre e os que as vezes ficam esquecidos, os amigos constantes, de sempre e para sempre, e os que vao e vem, os amigos das horas dificeis e os das horas alegres, oa amigos que, sem querer, eu magoei, ou que sem querer me magoaram, aqueles amigos a quem conheço bem como o mim mesmo, e os que conheço menos, os que preciram de mim e me devem algo e aqueles a quem muito devo, porque deles precisei, os meus amigos mais humildes e os meus amigos importantes neste mundo...
os nomes de todos que ja passaram pela minha vida
uma arvore de raizes muito profundas na terra, para que os seus nomes permaneçam sempre, e nunca sejam arrancados do meu coraçao, da minha alma, da minha memoria e do meu espirito de ramos muito extensos, para que novos nomes, vindos de todas as partes venham juntar-se aos existentes
uma arvore de sombra muito agradavel para que a nossa amizade, seja um momento de repouso nas lutas da vida.
Que o Natal esteja vivo em cada dia do ano que inicia
para que, com os amigos, possamos juntos viver o Amor.

giovedì 16 dicembre 2010

Cosa scrivere su un blog

Per Aska comunicare significa, da sempre, dire tutto. Un pensiero, una riflessione, una passione vanno donate agli altri, in tutte le occasioni e in ogni modo. Sulla punta della lingua le giungono fiumi di concetti impossibili da arrestare. A volte prova a darsi una disciplina, ripetendosi che sarebbe buona educazione e decoro contenersi di fronte all'impellente desiderio di aprire le porte del proprio mondo a chiunque. E potrei aggiungere che sarebbe da personcine intelligenti non soccombere di fronte all'incontenibile smania del dire. Sarebbe lodevole se tu parlassi unicamente delle questioni sociali e culturali con cognizione di causa, dimostrando acume e preparazione. Anzi, sarebbe auspicabile. Non è necessario tenere comizi in tutte le piazze della repubblica di internet, per esempio.

Ma veniamo al cuore del problema. Qualche giorno fa una chiacchierata speciale le aveva fornito l'humus per creare un post. Rileggendolo, però, le si insinua uno strano tarlo. Così decide di sottoporlo ad un tribunale. Il giudizio unanime sentenzia: "è personale". Prova a difendersi dichiarando che è sì personale ma è anche e soprattutto romanzato.

Come mai la parola "personale" l'ha colpita tanto? In fondo, quello espresso dalle persone chiamate a valutare, è un giudizio legittimo, rispondente al vero. Il disagio nasce dal fatto che esso si tira dietro, in maniera inevitabile, il seguente interrogativo: cosa è giusto scrivere su un blog per non scadere nel volgare? La risposta dovrebbe essere semplice per te, Aska. Eppure tentenni. Ti interroghi fino a che punto il personaggio pubblico debba scoprire le parti più intime e personali. Strano questo tuo interrogarsi. Hai sempre aborrito questo nostro mondo moderno che non ama i veli e le censure, troppo succube dell'irrefrenabile desiderio di mettere in mostra beltà e pensiero senza utilizzare il buongusto e la misura. Poi in un pomeriggio di inedia dicembrina cadi anche tu nel tranello. E se gli altri te lo fanno notare sgrani gli occhi sconcertata, adducendo la scusa che ciascuno decide di pubblicare in base alla mission data al proprio mezzo. Non è proprio deontologico, o almeno non lo è secondo la tua deontologia. Se cominci a barattarla vuol dire che la tua danza sta perdendo intensità, Aska. Non permettere al lupo di avvicinarsi troppo, solo perchè ti sembra corrispondente alle logiche della cultura imperante.

La cosa più saggia che tu abbia fatto è stata schiacciare il tasto "cancella post". Perchè a volte nella vita donare il silenzio è proprio la cosa più saggia che si possa fare.

Poichè hai tutto da apprendere

E' un freddo pomeriggio di dicembre. Per non lasciarmi incantare dalla noia latente tipica dei pomeriggi invernali, provo a tenermi occupata con la traduzione di L'educazione dello stoico di Pessoa, in attesa che giunga un'ora decente per incoronarla "ora di cena" e porre fine a questa inedia irritante. Ritengo che questo illustre portoghese possa essere una compagnia più che dignitosa in questo momento. Ho, però, tra le mani un testo non proprio semplice, ma non per le strutture grammaticali (a fronte c'è la versione in italiano, che mi aiuta a decifrare i periodi più complessi), ma per i concetti. Non sono sufficientemente desta per seguire appieno i lamenti pessoani, non ho predisposto la mia anima ad accogliere riflessioni sulla vacuità dell'esistenza. Insomma, non sono concentrata. Solo una frase riesce a rubarmi concentrazione: nao ensines nada, pois ainda tens tudo que aprender - non insegnare niente, poiche hai ancora tutto da apprendere. Appunto, tutto.

lunedì 13 dicembre 2010

Un consiglio per Natale: Fiabe giuridiche


Natale si avvicina e tutti sono occupati a cercare il regalo più adatto da comprare (tutti, tranne chi scrive, perchè fare i regali non è di suo gradimento. E, di fatto, li fa sistematicamente in ritardo. Ovvero li compra quando "sente" che è il momento giusto).

Non vuole, però, perdere l'occasione di entrare nel club di chi in questi giorni ama sciorinare consigli sui doni da scegliere. Allora, si permette di consigliare qualcosa che veramente vale la pena di acquistare, ovvero Fiabe giuridiche di Ester Molinaro. Il libro si pone l'obiettivo di insegnare ai più giovani il diritto attraverso le storie di piccoli personaggi di tutto il mondo. Ma non è solo un libro per bambini, è piacevole (e utile) anche agli adulti.

L'autrice è una giovane avvocato, sensibile alle tematiche della fratellanza, del rispetto e della solidarietà. Dichiara: "L´idea di scrivere fiabe giuridiche nasce durante gli anni in cui studiavo diritto all´università di giurisprudenza e insegnavo musica in una scuola elementare. Prima di iscrivermi all´università non poche persone mi parlavano del diritto come una materia arida, profondamente mnemonica e lontana da qualsiasi forma di creatività. Iniziando a studiare capivo invece che il mondo delle norme è particolarmente vicino all´esperienza umana, che dietro al serio linguaggio degli articoli le parole si muovono in una danza di creazione ed interpretazione, che il diritto deve essere al servizio della vita, che il diritto è nell'esistenza (per leggere l'intera intervista si vada: http://www.dirittominorile.it/news/news.asp?id=684).

E' edito da Arena con il patrocinio dell'Unicef. I proventi saranno devoluti ad ALI GIURIDICHE, un progetto di istruzione ideato dall’autrice, che ha come finalità l’educazione e la formazione di bambine e bambini della Somalia, oltre a contribuire allo stanziamento di borse di studio per gli studenti somali in materie giuridiche.

Se non si riesce a trovare Fiabe giuridiche nelle librerie, si può rinvenirlo nel seguente modo:

• bonifico sul conto BANCA ETICA n. 512510 - intestato a “Rivista di Diritto Minorile” – ABI 05018 - CAB 12100 –

• bollettino postale sul ccp n. 70906524 . intestato a Rivista di Diritto Minorile. Inviare copia della ricevuta di versamento via fax al numero 0881-330317– o via email a redazione@dirittominorile.it.

Il costo di ogni copia è di 10,00 euro (a cui vanno aggiunte le eventuali spese di spedizione).


domenica 12 dicembre 2010

Il Fado, la saudade e Maria Lisboa

Ci sono mattine in cui ti svegli e hai in bocca solo il sapore della saudade, quell'inaspettato retrogusto per le cose andate, per quelle Cose andate. Inutili sono tutti i tentativi di ignorarla, di occupare la mente con le cose più vacue: ormai si è insediata nelle tue stanze e non riuscirai a mandarla via con facilità.
D'altra parte non hai fatto nulla per impedirle di venirti a trovare, mia cara Aska. Proprio nulla. Avresti dovuto tenere in considerazione che Pessoa e Lisbon Story di Wenders, così come Tabucchi e gli amici portoghesi, non ti avrebbero aiutato a tenerla nascosta dietro la porta, ma che le avrebbero solo facilitato l'accesso.
Per fortuna oggi la tua saudade non è quella di Almeida Garett:

Saudade! Gosto amargo de infelizes,
Delicioso pungir de acerbo espinho,
Que me estás repassando o íntimo peito
Com dor que os seios d'alma dilacera,
- Mas dor que tem prazeres - Saudades!

Saudade! Gusto amaro di infelici,
Dolce puntura di agreste rovo,
Tu trapassi il profondo del mio petto
Con un dolore che lacera l'anima,
Ma dolor dilettoso, Saudade!

Sì, è decisamente meno mesta. E' forse per questo che la prima cosa a cui hai pensato è stato di ascoltare un po' di Fado, ovviamente quello a te felicemente caro. Maria Lisboa, cantata da Mariza, allarga proprio il sorriso (per una serie di motivi, tutti personali):



Vende sonhos e maresia
tempestades apregoa
seu nome proprio: Maria
seu apelido: Lisboa


Secondo una leggenda il Fado deve la sua nascita ad una prostituta di nome Maria Onofriana, una cantante-guitarrista, vissuta nella prima metà dell'800.
Divenne musica popolare tra la fine dell'800 e l'inizio del '900, anche se le sue origini sono precedenti. Durante la dittatura di Salazar il controllo e la censura causarono la scomparsa della componente socialista e anarchica, in compenso conferirono notorietà al genere. La diffusione del Fado in Europa e nel mondo è anche merito della sua esponente più famosa e apprezzata, Amalia Rodrigues.
Un sito sul Portogallo dichiara che il Fado "è la musica che viene dal profondo dell'anima portoghese". Quello tipico racconta di separazioni, sofferenze, lontananze e emigrazione. Non a caso il nome deriva dal latino fatum, e proprio di quell'inesorabile destino le canzoni fado sono pregne.







mercoledì 8 dicembre 2010

Un libro da consigliare: "Il cammino della speranza" di Sandro Rinauro

Viviamo in un Paese in cui il dolore collettivo viene facilmente metabolizzato fino ad essere dimenticato del tutto. Il fascismo è diventato solo una pagina di storia da studiare, un episodio qualsiasi della nostra nazione: lontano, inoffensivo, dimenticabile. Mussolini per taluni è solo un pazzo, per altri un gran personaggio che seppe rispondere adeguatamente alle esigenze del momento coevo. Non parliamo poi del Risorgimento, quello è Ottocento e, quindi, antico.
C'è un'altra pagina della storia nazionale che abbiamo saputo abilmente cancellare dalla nostra memoria collettiva. Ed è la pagina che riguarda l'emigrazione.
Non c'è famiglia italiana che non abbia visto un proprio congiunto armarsi di buona volontà e partire per le lontane Americhe o per la più vicina Europa, perchè nell'amata patria era impossibile trovare un lavoro per sopravvivere. Amiamo ricordare con orgoglio patriottico gli italiani che ce l'hanno fatta, esempi mirabili di virtù intellettuali e umane che dimostrano quanto noi siamo stati bravi, onesti e rispettosi in terra straniera. E' solo quando si parla dei vincenti che riusciamo a ricordare il nostro passato di vagabondi, altrimenti si tace.
Per non dimenticare che siamo stati anche clandestini - lerci, disperati, detestati - ci pensa un interessante lavoro dal titolo inequivocabile "Il cammino della speranza", scritto da Sandro Rinauro.
Scopriamo che l'Italia è stata per anni la principale protagonista della clandestinità, soltanto sul finire degli anni '60 è stata sorpassata da altre nazioni. Solo in Francia, tra il 1945 e 1960, oltre il 50 % dei lavoratori italiani immigrati era clandestino e addirittura il 90 % delle famiglie non entrò in modo legale.
Raggiungevano il suolo francese in vari modi: valicando le Alpi, ma anche in barca o persino a nuoto. C'era chi si dedicava professionalmente al commercio degli immigrati, come i pastori transfrontalieri, conoscitori dei sentieri alpini, e i pescatori; per non parlare dei laboratori illegali finalizzati alla produzione di passaporti e di contratti di lavoro falsi. "Giungevano soprattutto a piedi con gli zaini sulle spalle o con le valigie legate con lo spago ed erano costretti a valicare le Alpi di nascosto, di notte e per i passaggi più elevati e pericolosi" (p. 193). Per molti il percorso alpino ha significato la morte. Inevitabile non pensare alle Alpi come il Mediterraneo di oggi, in cui uomini, donne e bambini pagano un prezzo troppo alto per il loro desiderio di riscatto.
Rinauro chiude il suo lavoro trattando la triste vicenda degli italiani che furono indotti ad arruolarsi nella Legione straniera e finirono a combattere nelle guerre di Indocina e di Algeria, con l'unica speranza di poter entrare in Francia e perdere lo status di clandestino.
Un libro da consigliare a chi oggi non perde occasione per avallare il concetto dello straniero fraudolento, usurpatore di beni e inquinatore di valori; a chi sostiene che gli italiani immigrati siano stati tutti bravi; a chi, insomma, non conosce o vuole dimenticare che è la disperazione a spingere migliaia di persone lontano dalla propria terra natia per dirigersi in posti in cui le condizioni sociali, economiche e ambientali sono migliori.
Il libro di Sandro Rinauro ci ricorda proprio questo: anche noi siamo stati clandestini sfruttati, discriminati, spesso mal voluti; anche noi siamo stati valuti in base al nostro grado di assimilazione con la popolazione locale, preferiti o discriminati a seconda delle situazioni; anche noi abbiamo accettato lavori pericolosi, faticosi e sottopagati.
E' giusto anche mettere in rilievo, come l'autore fa, che le migrazioni illegali di italiani (e degli altri europei) erano provocate da bisogni e da cause diverse rispetto a quelle attuali: la loro condizione di partenza era ben diversa da quella di uomini, donne e bambini che oggi fuggono dalle guerre etniche, dai vari fondamentalismi o dalle disgrazie ambientali. Tuttavia, di fronte alla insopportabile memoria corta di politici e gente normale, non sarebbe cosa sbagliata ricordare ad un pubblico il più vasto possibile (quindi, non solo a quello degli storici) il doloroso cammino della speranza di molti connazionali, affinchè si possa guardare in maniera giusta a chi oggi compie quel cammino verso la nostra amata patria.