giovedì 28 giugno 2012

Fine giugno per la signorina G



Agonia


Girerò per le strade finché non sarò stanca morta
saprò vivere sola e fissare negli occhi
ogni volto che passa e restare la stessa.
Questo fresco che sale a cercarmi le vene
è un risveglio che mai nel mattino ho provato
così vero: soltanto, mi sento più forte
che il mio corpo, e un tremore più freddo
accompagna il mattino.

Son lontani i mattini che avevo vent'anni.
E domani, ventuno: domani uscirò per le strade,
ne ricordo ogni sasso e le striscie di cielo.
Da domani la gente riprende a vedermi
e sarò ritta in piedi e potrò soffermarmi
e specchiarmi in vetrine. I mattini di un tempo,
ero giovane e non lo sapevo, e nemmeno sapevo
di esser io che passavo-una donna, padrona
di se stessa. La magra bambina che fui
si è svegliata da un pianto durato per anni
ora è come quel pianto non fosse mai stato.

E desidero solo colori. I colori non piangono,
sono come un risveglio: domani i colori
torneranno. Ciascuna uscirà per la strada,
ogni corpo un colore-perfino i bambini.
Questo corpo vestito di rosso leggero
dopo tanto pallore riavrà la sua vita.
Sentirò intorno a me scivolare gli sguardi
e saprò d'esser io: gettando un'occhiata,
mi vedrò tra la gente. Ogni nuovo mattino,
uscirò per le strade cercando i colori.

(Cesare Pavese)

mercoledì 27 giugno 2012

Chi dobbiamo ringraziare?


Riporto un articolo uscito il giorno 26 di giugno sulla 27/Ora del Corriere. È scritto da una ragazza di 30 anni, che con le sue parole rappresenta disagi e pensieri della nostra generazione.
Mia madre per infondermi coraggio ogni giorno mi segnala le difficoltà che gli altri (e per altri si intende coloro che hanno un percorso di studio diverso dal mio) vivono alla stessa maniera di me. Ieri era il numero esorbitante di candidati per un concorso per farmacisti in Campania (pare 5000 a fronte di 80 posti disponibili).
"Lo vedi che non sei solo tu, non è solo la tua categoria ad avere difficoltà". Come se apprendere di farmacisti, avvocati o architetti senza lavoro alleggerisse il senso di fallimento che provo ogni qualvolta mi fermo a pensare alla mia condizione (ovvero quotidianamente).
Chi dobbiamo ringraziare per aver regalato ad un'intera generazione - e non ceto sociale o categoria lavorativa ma UN'INTERA GENERAZIONE - il sogno della precarietà, della rassegnazione, dello scoramento, della mancanza di progettualità e di tutti i disturbi psicologici annessi?

(http://27esimaora.corriere.it/articolo/mi-padre-dice-che-dovre-emigrare-e-il-segno-che-non-ci-sono-piu-alternative/)

Mio padre dice che dovrei emigrare. E’ il segno che non ci sono più alternative?

Il 10 aprile 2012 ho compiuto 30 anni. Tutti mi dicevano che sarebbe cambiato poco, invece per me è cambiato tanto. È come se mi si fosse riversato addosso un secchio di responsabilità che si chiama “consapevolezza”. Sono sempre stata una persona abbastanza consapevole, ma da due mesi a questa parte sono diventata “consapevolmente consapevole”.

Sono abbastanza sicura di poter affermare che compiere 30 anni a metà degli anni ’70 sarebbe stato diverso. Ascoltare i miei genitori parlare di quante prospettive e fiducia rimettevano nel loro futuro, mi riempie di invidia. Era facile trovare un posto di lavoro, comprare una casa, costruire una famiglia e quindi lavorare e riuscire a vivere le relazioni. C’era posto per tutti e questo vuol dire entusiasmo, fiducia e progettualità. Una vita bella.

Oggi tutto questo non c’è più. Infatti, questi sentimenti si sono dissolti in anni di gravissima inconsapevolezza, marchiata da truffe, raccomandazioni, ignoranze, burocrazie ed enormi bugie. Anni di lavaggio del cervello e distruzione della cultura ormai ridotta a brandelli perché non più usufruibile dalle masse, hanno reso la situazione irrisolvibile. Come si fa a vivere senza cultura? La cultura regala la fantasia, rende le persone educate, speranzose, interessate. Dovrebbe essere la prima cosa da sostenere e proteggere per far si che le nuove generazioni si nutrano di cultura per costruire qualsiasi cosa con garbo, intelligenza ed entusiasmo. Dovrebbe essere consegnata la mattina davanti alla porta di casa insieme al giornale.

Ma mi sono resa conto che in Italia manca la cosa più importante: il rispetto civile. Il danno più grave. La corruzione e la mafia dei privati e della classe politica ne sono l’esempio più evidente, ma altrettanto palese è la difficoltà reale di gestire qualsiasi tipo di contatto in maniera gentile ed educata cioè civilmente rispettosa. Non siamo cattivi, ma penso che anni e anni di grandi sacrifici e attesa nella speranza che le cose cambino, abbiano svuotato il popolo di un ingrediente fondamentale per vivere bene, la fiducia. La mancanza di fiducia nel nostro caso ha portato alla disgregazione degli obiettivi comuni lasciando le persone sole e costrette a curare il proprio orticello, abbandonando ideali di comunità e socialità che tengono un popolo unito ed educato nei confronti delle istituzioni e della giustizia.

Avere 30 anni oggi è difficile. Alzarsi la mattina sapendo che non ci sono certezze è difficile. Avere paura di non sapere dove si potrebbe andare a sbattere la testa perché potrebbe accadere di tutto è difficile. È difficile perché le conseguenze di queste sensazioni distruggono le piccole cose. E le piccole cose sono la vita vera. Le relazioni si distruggono. Le amicizie si allontanano. Il sostrato sociale diventa cinico. Sono ben certa di non poter avere la possibilità di comprare una casa, a meno che non accetti l’aiuto della mia famiglia, e questo non è poi così grave, ma grave è la sensazione di non riuscire a tenere insieme gli affetti perché ognuno è costretto a decidere in base alle PROPRIE esigenze. Non ci si può più permettere di tenere conto delle esigenze degli altri. La difficoltà che può nascere nel gestire una relazione a distanza per motivi di lavoro può distruggere un amore o svilire le amicizie e porta ad una sorta di solitudine che allontana e separa le persone. E quando l’amore e l’affetto cominciano a soffrire di situazioni contingenti enormi e assolutamente ingestibili vuol dire che siamo arrivati alla fine. La nostra generazione è maledetta. Segnata fino alla fine.

Siamo nati nel boom economico, siamo cresciuti viziati e non abituati a lottare, ci ritroviamo adulti senza sapere come affrontare questa situazione svilente e preoccupata di cui non si conosce la fine. Stiamo pagando e pagheremo per molto altro tempo ancora i danni generati da tante generazioni prima di noi e stiamo cominciando a capire che cosa vuol dire veramente essere italiani.

Come dice mio papà, una soluzione è emigrare. Non pensavo di poter sentire una cosa del genere uscire dalla sua bocca. E lì forse ho realizzato quanto può essere e diventare grave il momento. Ora capisco perché il mio bisnonno ha lavorato per tanti anni in Canada. Non c’erano alternative. Oggi, come ieri non ce ne sono quasi più.

Non c’è una soluzione a tutto questo, ma forse cercare di vivere ogni giornata della propria vita in modo onesto, consapevole e civilmente rispettoso nei confronti di tutti potrebbe essere un piccolo passo per iniziare a cancellare definitivamente atteggiamenti di insensibilità e faciloneria italiana che hanno distrutto questo popolo che sono sicura ha ancora voglia di continuare a fidarsi per dare un’opportunità ai nostri figli di vivere un’Italia che sia quello che si merita di essere: onesta, cortese, leale, goduriosa, divertente e civilmente rispettosa.

Sarà il clima disastroso che si respira nel nostro paese o una piccola ruga che non avevo mai notato vicino agli occhi, ma a me questi 30 italiani, per ora non sono sicura che mi piacciano poi così tanto.

sabato 9 giugno 2012

Nonna Nina

La leggendaria nonna Anna, conosciuta a tutti come Nina, in una foto degli anni '30. E' la prima a sinistra a Napoli con delle amiche.
I social network sono anche questo: su un gruppo di compaesani sparsi per il mondo qualcuno ti regala questa bella immagine di una persona che hai profondamente amato. E improvvisamente il sabato mattina ti sorride.


mercoledì 6 giugno 2012

Ciao, mister Bradbury


Anche Aska saluta lo scrittore statunitense scomparso oggi.

Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive.
(da Fahrenheit 451, 1951)
Ray Bradbury (1920-2012)


C'era come un odore di Tempo, Nell'aria della notte. Tomàs sorrise all'idea, continuando a rimuginarla. Era una strana idea. E che odore aveva il Tempo, poi? Odorava di polvere, di orologi e di gente. E che suono aveva il Tempo? Faceva un rumore di acque correnti nei recessi bui d'una grotta, di voci querule, di terra che risuonava con un tonfo cavo sui coperchi delle casse, e battere di pioggia. E, per arrivare alle estreme conseguenze: che aspetto aveva il Tempo? Era come neve che cade senza rumore in una camera buia, o come un film muto in un'antica sala cinematografica, cento miliardi di facce cadenti come palloncini di capodanno, giù, sempre più giù, nel nulla. Così il tempo odorava, questo era il rumore che faceva, era così che appariva. E quella notte – Tomàs immerse una mano nel vento fuori della vettura – quella notte tu quasi lo potevi toccare, il Tempo.
(da Cronache marziane,1950)

E quando ci domanderemo cosa stiamo facendo, tu potrai rispondere loro: noi ricordiamo. Ecco dove alla lunga avremo vinto noi. E verrà il giorno in cui saremo in grado di ricordare una tal quantità di cose che potremo costruire la più grande scavatrice meccanica della storia e scavare, in tal modo, la più grande fossa di tutti i tempi, nella quale sotterrare la guerra.
(da Fahrenheit 451, 1951)